15 novembre 2015

Francia: i perché dell'attacco

«È solo l'inizio della tempesta»: la Francia «rimarrà tra gli obiettivi principali» dell'ISIS e «continuerà a sentire l'odore della morte per aver preso la guida della crociata, aver insultato il Profeta e essersi vantata di combattere l'Islam». Un "vanto", quello francese, disgraziatamente rimarcato in molteplici occasioni sulla scena di una nuova guerra fredda a colpi di battute caustiche come pure di autentici ordigni esplosivi. Giustappunto un anno fa, all'indomani dell'attentato alla sede parigina di Charlie Hebdo, si discusse di libertà d'espressione con particolare riguardo al Motto rivoluzionario.
Si propone, alla luce degli odierni fatti, una nuova riflessione. Come da art. 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, tutti gli esseri umani «devono agire gli uni nei confronti degli altri in uno spirito di fraternità». Implausibile prescindere il significato laico da quello religioso di quest'ultima parola. Essa è casta affettività e solidale condivisione, spesso esuli da qualsivoglia rapporto biologico. Vi sono poi le relazioni fraterne dettate da un un più profondo sentire, la fede, in un ambito di discendenza da un unico padre, un unico Dio, parlando di quelle religioni cui i fedeli si considerano uniti da un rapporto simile.
Vero e grande guaio dei recenti accadimenti è rappresentato dall'eminenza grigia di un Dio, Allah, del suo profeta, Maometto, e delle sacre scritture tutte, che inneggiano piuttosto alla jihād:
«Combattete contro coloro che vi combattono, ma senza eccessi, ché Allah non ama coloro che eccedono» (Corano 2:190);
«Se vi assalgono uccideteli, se però cessano allora Allah è perdonatore» (Corano 2:191-192);
«Combatteteli finché non ci sia più persecuzione» (Corano 2:193);
«Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi idolatri ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono, eseguono l'orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada. Allah è perdonatore, misericordioso» (Corano 9:5);
«Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati» (Corano 9:29);
«Giuro in Colui che nelle mani trattiene l'anima di Maometto che Allah farà entrare in Paradiso chiunque oggi [i nemici, n.d.r.] li combatterà e sarà ucciso soffrendo nella dura prova e ricercando il piacimento di Allah, procedendo e non retrocedendo» (Maometto).
Si tratta di una vera e propria "giurisprudenza religiosa", materia d'insegnamento delle Madhhab, scuole all'interno delle quali le suddette dottrine trovano posto di primo piano. È la legalizzazione dell'omicidio, che vede suo moderazione e contraddizione solo in un'altra legge coranica:
«Chiunque uccida una persona – a meno che essa non stia per ucciderne un'altra o per creare disordine sulla Terra – sarà come se uccidesse l'intera umanità; e chiunque salvi una vita, sarà come se avrà salvato la vita di tutta l'umanità» (Corano 5:32).
D'altra parte, essi giudicano gli infedeli – i francesi, in tale occasione – come "abominevoli", "perversi" e fautori di caos e perdizione blasfema. Poiché blasfema, se non illegittima, è l'azione contraria a quella delle leggi islamiche sharīʿa e fiqh.
Pochi sanno, a questo proposito, che il codice di numerosissimi Paesi trova diretta derivazione religiosa e che il Corano è persino fonte del diritto di Pakistan, Afghanistan, Iran, Iraq e Arabia Saudita.
Perché gli islamici propongano l'applicazione di tali principi al di fuori dei suddetti Stati, non è certo. Ma l'opera proselita di islamizzazione non si limita, per i devoti ad Allah, a attacchi terroristici di simile fattura.
In quest'ambito rientrano anche le proposte, per i residenti musulmani dei Paesi all'interno dei quali il culto cattolico prevale, che vanno dalla rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche alla richiesta di più moschee sul territorio nostrano.
Interessante notare come pochissimi musulmani, anche tra i sedicenti moderati, si siano pronunciati aberrando gli attacchi finora rivendicati dallo Stato Islamico, che potremmo definire come messi in atto, da bravi fedeli, in nome di Dio e della legge. Il suicidio degli attentatori è da considerarsi giusto martirio e sacrificio, parlando ancora di giustificazioni.
È un credo innegabilmente guerrafondaio, l'Islam, e quand'anche la religione perde la sua grande valenza di freno nei confronti dell'umana empietà congenita, la collettività fatalmente precipita lungo la ripida discesa verso la valle della belligeranza.

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